Filtro solare per Vixen R150SS

31 05 2010

Sarà che si avvicina l’estate, sarà che la strumentite ogni tanto coglie anche noi autocostruttori, sarà un segno di buon auspicio nella speranza che il sole torni alla solita attività, sarà quel che sarà ma questo weekend mi sono dedicato alla costruzione di un filtro solare per il Vixen R150ss dell’associazione.

Ho cominciato rompendo l’anima al mio babbo perché mi tornisse da un pezzo legno un anello di sostegno per il filtro. Dopo di che l’ho verniciato con uno zincante spray, che lo rende gradevole alla vista e resistente al calore (in fondo è un filtro solare…):

Anello di legno

Anello di legno

Utilizzando dei fogli da disegno Fabriano F4, che prediligo per la facilità di lavorazione e la rigidità, ho disegnato con il compasso un cerchio da ø150mm (il diametro dell’ottica) circondato da un cerchio concentrico da ø164mm. Dopo di che con le forbici (con la punta arrotondata… e vediamo chi coglie la dotta citazione :-D) ho ritagliato un anellino che svolge la funzione di telaio per il sottilissimo astrosolar.

Anelli "telaio" in cartoncino

Anelli "telaio" in cartoncino

Con lo stesso sistema, ho realizzando anche un altro anello, stavolta con 3 cerchi disegnati: ø150mm di foro interno, ø164mm di riferimento per il primo anello e ø170mm di diametro esterno, che corrisponde alla misura interna dell’anello in legno.
Una volta ritagliati tutti i cerchi, ho preso il minore e l’ho incollato con la colla Pritt direttamente sul foglio di astrosolar.

Il primo telaio incollato sull'astrosolar

Il primo telaio incollato sull'astrosolar

Utilizzando una lama del cutter nuova (e quindi molto affilata) e con le mani protette da guanti in lattice (per evitare di coprire di ditate il delicatissimo filtro) ho seguito il contorno del cartoncino ritagliando, a piccole mosse, il filtro nella sua forma circolare.

Il filtro attaccato al telaio di cartone

Il filtro attaccato al telaio di cartone

Utilizzando, questa volta, del Vinavil ho fatto un panino tra l’anello di carta più grande e il filtro intelaiato: spalmando accuratamente la colla vinilica, il telaio risultate rimane molto solido e pulito. Una volta fatto asciugare, ho riapplicato il Vinavil sulla superficie interna del telaio (dove c’è la congiunzione tra i due anelli di carta) e ho applicato il tutto all’interno del portafiltri di legno. Dopo un’ora ad asciugare sul davanzale della finestra (ma non alla luce diretta del sole) sono corso a provare il tutto sul Vixen R150SS.

Il filtro solare sul 150

Il filtro solare sul 150

Ho provato a dare un’occhiata al Sole e, nonostante fosse tardo pomeriggio, l’unica macchia di questo periodo si vedeva nettamente (con un Plössl da 26mm); il bordo solare tremava come se stessi osservando dal fondo di una pentola d’acqua prima di gettar la pasta :-(.

Il 150 scruta il Sole

Il 150 scruta il Sole

Il fatto che il filtro non sia teso davanti all’ottica non influisce minimamente sulle prestazioni e l’anello di legno è stato volutamente lavorato in modo tale che si incastrasse (anche con un po’ di fatica) sull’anello anteriore del Newton, al fine di evitare cadute accidentali.

Alla prossima autocostruzione,

Simone





Cassa di trasporto Vixen 102/1000

25 05 2010

Dopo l’acquisto del tubo ottico Vixen 102/1000 ho pensato come prima cosa di equipaggiarmi di una cassa di trasporto e protezione per il nuovo arrivato. Diciamo subito che non c’è nulla di eclatante in questa costruzione, voglio soffermarmi soprattutto sui materiali utilizzati ed i piccoli dettagli.
Come vedete dalle foto la cassa è esageratamente sovradimensionata: questo è stato un errore di valutazione, anche se alla fine non tutto il male viene per nuocere. Il grande spazio a disposizione mi permetterà di ospitare un buon numero di accessori utili,( eventualmente ricavando degli alloggiamenti dedicati sagomando della gommapiuma): luce rossa, sacca degli attrezzi, diagonale, atlanti stellari, ecc…

Visione d'insieme della cassa

Le dimensioni sono di 125*40*30 cm.
Il legno usato per il fondo e le quattro pareti laterali è il pero: l’alternativa sarebbe stata l’impiego di compensato con delle barre di rinforzo antisfondamento. Ho optato per questa soluzione per una serie di motivi che vi elencherò:

  • Costo: non vi è molta differenza, anzi, dal mio fornitore alla fine il pero costa leggermente meno
  • Dimensioni: le tavole sono spesse 18mm, ma considerando che il compensato da 5mm va spessorato con dei listelli (diciamo almeno da 10mm) alla fine le due soluzioni su questo fronte si equivalgono.
  • Resistenza: ovviamente tutto a favore delle tavole giuntate, in particolare per il fondo
  • Peso: il legno di pero è molto leggero, direi grosso modo equivalente al compensato
  • Fattore tempo: con le tavole il lavoro è molto più veloce, non si deve perdere (parecchio) tempo a rinforzare con i listelli (ci si mette la metà del tempo).

A dover di cronaca devo dire che il pero non è un signor legno, non si pensi a materiali come il faggio o il rovere. Ma è leggero, resistente il giusto ed ha tutte le qualità sopra elencate che lo rendono adatto per questo scopo.

Tornando a noi i quattro lati sono ulteriormente agganciati fra loro con listelli quadrati in abete di 1*1cm. Tutte le parti a contatto, oltre che avvitate con parker per legno sono spalmate in Vinavil (che consiglio per tutti gli accoppiamenti di questo genere).

Particolari interni

Il coperchio superiore, ( e qui direte: “Ma allora cosa sta a raccontarmi sto qui?” ), è in compensato rinforzato: per questa volta infatti ho provato a sperimentare una soluzione mista, ma se tornassi indietro lo realizzerei senza dubbio pure lui in pero. E’ incernierato alla cassa e provvisto di due chiusure a leva in metallo.
Gli ultimi particolari che possono essere utili:

  • Piedini in gomma sulla base inferiore, recuperati da un vecchio case di un pc.
  • Due ruote snodabili con filetto da 10mm applicate al fondo per trainare la cassa
  • Due maniglie laterali per il sollevamento ed una opposta al lato dove ci sono le ruote per il traino
  • Due fasce elastiche applicate tra coperchio e cassa per evitare che il coperchio si ribalti completamente indietro.
  • Una fascia elastica che cinge il tubo ottico alloggiato sui supporti per evitare sballottamenti.

La fascia elastica che trattiene il tubo ottico

Infine l’imbottitura: ho utilizzato dei pannelli di poliuretano (quelli per edilizia, adottati come isolante). Economici, facilmente lavorabili e leggerissimi. Con questi ho anche sagomato dei profili svasati sulla misura del telescopio.

A protezione dell’ottica e del focheggiatore ci sono ancora degli abbondanti spessori di comune gommapiuma. Per l’incollaggio dei pannelli va benissimo il Vinavil, non usate roba tipo Bostik che li fonde come burro.Per completare il lavoro ho applicato una mano di impregnante color rovere.
La spesa totale è stata di circa 40 euro, compresi tutti i materiali.
Alla prossima!

Francesco





Barra di raccordo per Carl Zeiss 180/2.8

18 05 2010

Avendo a disposizione un corpo macchina in formato 6×6, la gloriosa Kiev 60 (reperibile nel mercato dell’usato a prezzi ormai stracciati), è nata l’idea di utilizzarla per realizzare scatti astronomici.
Generalmente la qualità ottica delle lenti è più che buona anche se è doveroso fare dei distinguo: l’80/2,8 a corredo è una di queste perle. Fortunatamente l’attacco consente di montare obiettivi Carl Zeiss per medio formato, e qui c’è solo più da sbizzarrirsi. Il grande campo disponibile sul 6×6 e l’altissima risoluzione che è in grado di fornire ne fanno un gingillo niente male per l’astrofilo in cerca di nuove esperienze.
Ho optato per un “assetto” molto semplice, apparecchio fotografico installato su una Heq5 stazionata al polo e lasciata in inseguimento senza guida: insomma, usare la montatura come semplice inseguitore senza troppi pensieri e vedere quello che salta fuori…per le evoluzioni c’è sempre tempo! 🙂
L’accessorio realizzato e descritto qui di seguito è una barra specifica che consente di ancorare tra loro il corpo macchina e la possente ottica Carl Zeiss 180/2,8. Il peso totale sale infatti alla non indifferente quota di 3,5Kg, troppo per essere sostenuto dal singolo attacco filettato della reflex o da quello presente sul collarino dell’ottica.
Considerando anche le posizioni inclinate che si possono raggiungere in una posa astronomica una soluzione del genere è impensabile.

Visione laterale

La barra è in alluminio da 10mm di spessore, lunga 12cm. E’ avvitata sul fondello della reflex con una brugola da 1/4” ed è stato realizzato un disco in alluminio di spessoramento da 8mm (collarino ottica e culatta della reflex sono su piani leggermente sfalsati).
L’ancoraggio sull’obiettivo è stato modificato: queste produzioni russe usano un foro filettato da 3/8 di pollice con all’interno una riduzione da ¼….soluzione che non mi è piaciuta molto. Ho acquistato una brugola da ¾, l’ho segata forata e rifilettata da 6mm a passo standard metrico, così da evitare l’impiego di altra viteria in pollici (costosa e poco reperibile per i miei gusti). Il “grano” così ottenuto è stato inserito dentro alla filettatura dell’ottica e via con la brugola da 6 per avvitarci la barra in alluminio.

Dettagli esplicativi

Infine il supporto è stato bucato e filettato sempre da 6mm per poter essere montato su una comune coda di rondine di tipo Vixen. I fori sono stati realizzati in modo tale che tutto l’apparato sia già bilanciato in declinazione così come lo si monta.
Ecco il risultato, anche se finale non è perchè manca l’anodizzazione nera. 🙂

Con questa focale conto di poter reggere circa 20minuti senza correzioni, tenendo conto del fatto che un 180mm che lavora su un fotogramma 6×6 equivale a circa un 100mm in 24×36.
Sicuramente in epoca digitale potrà apparire antidiluviana questa iniziativa, ma la pellicola ha ancora il suo fascino, sia a colore che in bianco e nero. Vedremo i risultati.

Francesco

Aggiornamento (N.d.Simone): anche la barra di Francesco è stata anodizzata, allego la foto.

La piastra anodizzata

La piastra anodizzata





GuideSpot sul C8

15 05 2010

Ed oggi, ho terminato il lavoro sul GuideSpot. Dapprima ho chiesto al mio babbo di tornire un tappo con un pezzo di Nylon (che ho rubato al sempre paziente Luciano).

Tappo GuideSpot

Tappo GuideSpot

E per finire ho montato il tutto sulla barra portaoggetti del C8.

Il C8 e la guida

Il C8 e la guida

Ora non mi resta che aspettare il bel tempo e provare tutta la baracca :-).

Simone





Imbottitura della cassa per il Vixen 150F5

10 05 2010

Anni orsono, con l’aiuto del mio amico Francesco, realizzammo una cassa per portare in giro il telescopio della nostra associazione: un riflettore Vixen 150F5. La cassa, seppur molto solida, venne realizzata tramite un telaio di legno (listelli 20×30) ricoperto da pannelli di compensato da 5mm. Per evitare problemi di deformazione e sfondamento, aggiungemmo delle barre trasversali alle coperture, prendendo ispirazione dalle barre antintrusione delle automobili. Il lavoro venne così bene che spesso e volentieri vari astrofili, di stazza più o meno grossa, ci si sono spesso seduti durante le osservazioni, senza contare i numerosi bambini che hanno sfruttato la cassa come scaletta per arrivare al fuocheggiatore del Newton.

Un lavoro che mi sono sempre ripromesso di fare e, visto che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, non ho mai messo in pratica era di imbottire adeguatamente l’interno della cassa per proteggere il tubo del telescopio dagli urti. Recentemente ho cambiato lavoro e nella nuova azienda vedo spesso cestinare chili di gommapiuma, utilizzata dal fornitori per imballare vari componenti elettronici e informatici: così un giorno ho dato una bella lucidata alla mia nota faccia di bronzo e mi sono caricato il baule di imballi destinati alla discarica. Con l’aiuto del cutter di molta colla vinilica ecco il risultato di una domenica di lavoro:

La cassa del Vixen imbottita

La cassa del Vixen imbottita

Le imbottiture sono di due tipi, quella sagomata è di gommapiuma, mentre quella attaccata alle pareti laterali sembra composta di una fibra di gomma più rigida. Ho provveduto a livellare l’interno della cassa con quest’ultima, in modo da non avere spigoli di legno vivi: per finire ho ricoperto questo  fondo con la gommapiuma sagomata.

I due tipi di imbottitura

I due tipi di imbottitura

Visto che il fuocheggiatore sporge parecchio, ho deciso di ricoprire l’ultima sezione con un semplice foglio non sagomato. Inoltre, con il cutter ho sagomato un pezzo di fibra di gomma in modo che la cella anteriore del newton fosse tenuta ferma.

La zona fuocheggiatore

La zona fuocheggiatore

Ecco il risultato del lavoro con il tubo ben fissato dentro.

Il vixen nel suo nuovo lettino :-D

Il vixen nel suo nuovo lettino 😀

Il bello di questa autocostruzione è che andando a rompere le scatole (letteralmente) a chi vende o lavora con computer e server vari ho recuperato gratis tantissima gommapiuma: il cui smaltimento sarebbe a carico dell’azienda. Quindi, miei cari autocostruttori, prima di andare a spender soldi, armatevi del vostro miglior sorriso e andate a rompere l’anima in giro ;-).

Simone





GuideSpot

10 05 2010

Ciao a tutti, avevo per casa un bellissimo fuocheggiatore cryford da 2″  e un obiettivo di SurplusShed 80/400; ci ho riflettuto un po’ e alla fine ho deciso di fare una nuova guida a corta focale, con degli anelli precedentemente torniti per un 60/900. All’epoca ebbi la fortuna di recuperare un grosso tubo in alluminio, di circa ø170mm: quando mi presentai dal mio amico Luciano con questi pezzi e la guida il suo stupore fu grande, visto che erano decisamente ingombranti per il piccolo Tasco che dovevano sostenere. A parte il fatto che avevo a disposizione solo quegli anelli, ho pensato che fosse una buona idea fare un supporto per la crescita.

Dopo un’intubazione molto simile a quella già fatta per Scapàdaca, ho incastrato il mio babbo (a cui, come ho già detto in precedenza, ho regalato un tornio per la pensione) per tornire sei piedini di teflon: lo scopo era di evitare che le viti M5 per la regolazione rovinassero irreparabilmente l’alluminio smaltato del tubo.

Piedino di teflon

Piedino di teflon

Sull’anello anteriore, ho utilizzato delle semplici viti M5 di lunghezza adatta a centrare la guida nell’anello; invece le tre viti posteriori sono realizzate con dei pomelli e hanno una lunghezza tale da poter decentrare al massimo il tubo, fino quasi a far toccare i piedini con l’interno dell’anello. In questo modo credo sia possibile effettuare un buon disassamento, senza necessità di utilizzare cacciaviti o strumenti vari.

Le viti di regolazione

Le viti di regolazione

Gli anelli sono solidamente connessi tramite una barretta di alluminio (comprata al Brico) da 20×5, i due fori che ho praticato hanno le dimensioni utilizzate dalla GK2 della Geoptik, anche perché sul C8 (tubo che dovrò guidare) avevo già predisposto una barra porta accessori con tale foratura. Come sempre (visto che è una delle mie fissazioni) ho messo del vellutino per proteggere il tutto da graffi (soprattutto dal graffiare gli altri :-)).

La barra di collegamento

La barra di collegamento

Questo GuideSpot in realtà è un’accozzaglia di tutta una serie di acquisti molto belli che però sono rimasti inutilizzati: infatti oltre allo splendido fuocheggiatore (una realizzazione meccanica veramente stupenda) e ai mastodontici anelli (che erano veramente coperti da un dito di polvere) ho riciclato anche il cercatore 6×30 che presi tempo fa per il mio amico Francesco. Visto che alla fine lui non poteva utilizzare il piccolo SkyWatcher (per questioni di ingombro) ho deciso di riciclarlo.
Penso che la staffa della SkyWatcher, con le due viti a 90° e la molla a 225° sia veramente un’idea geniale: poter regolare il cercatore con un mano sola, senza dover recuperare giochi su tre scomode viti, è una delle cose più furbe introdotte nell’astrofilia modera. Volevo rubare l’idea anche per questo telescopio di guida, ma avrei dovuto massacrare gli anelli anodizzati e mi spiaceva.

Il cercatore e il Fuocheggiatore gigante

Il cercatore e il Fuocheggiatore gigante

Ecco la realizzazione finale:

Ecco a voi GuideSpot

Ecco a voi GuideSpot

Una piccola nota, tutte le foto sono state realizzate tenendo il piccolo sul treppiede fotografico utilizzando uno speciale supporto, ma di questo parlerò in una prossima autocostruzione ;-).

Simone





Imbottitura anti urto “casuale”

7 05 2010

Dopo recenti pressioni subite negli ultimi giorni son stato finalmente convinto da Simone a rimpolpare il blog con qualche articoletto… iniziamo quindi dal semplice, anzi dal molto semplice! Trovandoci per le mani un bel quantitativo di materiale da imballaggio, sottratto al triste destino di scomparire in qualche misera discarica suburbana, decidiamo di sfruttarlo per uno degli scopi più nobili che la mente di un astrofilo possa concepire: farlo diventare materia prima in grado di placare l’alto livello di dilagante autocostruttite. La valigetta metallica del gruppo è priva di una imbottitura decente, cosa che nel tempo potrebbe rivelarsi utile dato che ospita gingilli delicati come la pulsantiera dell’HEQ5 ed un oculare con reticolo illuminato. E poi, anche se si presta attenzione, un urto per sua natura sta sempre in agguato: senza contare che una bella valigetta colorata potrebbe anche diventare un buon bersaglio di sfogo, magari dopo una serata osservativa in cui nulla è andato come doveva andare.. 🙂

La valigetta vuota

La valigetta vuota

Bando alle ciance, il materiale è quello classico a protezione di componenti informatici, sagomato a guscio d’uovo in superficie. Qualche colpo di bisturi per dimensionarlo alla base inferiore, qualche colpo per sfornare una sagoma giusta per la parte superiore e giù di Vinavil (no Bostik che corrode questi materiali). Una notte per la fase di asciugatura et voilà: al prezzo di qualche spennellata di collante possiamo ora dormire sonni tranquilli! 🙂

La valigetta con il suo contenuto

La valigetta con il suo contenuto ben protetto

Francesco