Ciao a tutti, visto che era un po’ che latitavo dal blog ho deciso di sbottonarmi un po’ raccontandomi la mia nuova follia. Il lavoro sulla UAI-CCD ha ormai oltrepassato l’anno, ma il progetto ancora non è morto; mi sono arenato su problemi di raffreddamento, infatti la peltier, una volta messa in funzione, tende ad abbassare la temperatura interna della camera fredda ben oltre il punto di congelamento dell’acqua. Ho provato diverse strade: riempire la camera fredda di sacchetti di silica-gel, ho sostituito i passacavi, ho provato a togliere la guaina protettiva dei cavi di rete e di lasciarli a vista. Niente.
Ad un certo punto, preso dalla disperazione ho tolto tutta l’elettronica e ho fatto delle iniezioni di colla a caldo all’interno dei passacavi, ma ancora la camera fredda continuava a contenere aria umida: il risultato è un continuo congelamento dell’acqua in sospensione proprio sul vetro del sensore (con formazione di ghiaccio, per giunta!).
Un giorno, chiacchierando con mio padre, mi suggerì di utilizzare la macchina del sottovuoto, che mia madre usa per metter via il cibo, per estrarre l’aria dalla camera fredda: sebbene sembrasse una follia ho provato a sperimentare questa soluzione. Applicando un rubinetto utilizzato nei compressori, abbiamo creato una comoda valvola per estrarre l’aria dalla camera fredda con il suddetto marchingegno. Purtroppo, a causa delle numerose filettature, la pressione negativa si bilanciava con l’ambiente esterno nel giro di 15 minuti. Anche ricomprendo di nastro in teflon tutte i filetti o, addirittura, facendo una colata di colla lungo tutte le giunzioni (una volta avvitati i pezzi, naturalmente) l’aria esterna continuava ad entrare nella camera fredda portandosi dietro l’umidità.
Dopo qualche tempo, decisi di andare a disturbare il mio amico Luciano, per tornire un nuovo tappo della camera in modo da eliminare ulteriori infiltrazioni di aria. Vista l’iniziale scelta infelice di usare un filtro UV di soli ø31mm, a questo giro ho acquistato un nuovo filtro UV della BW da ø50mm, in modo da poter ispezionare la camera con maggiore comodità ed avere una visione più efficiente dell’interno.
Nonostante questa modifica, non risolvetti il problema delle infiltrazioni.
Parlando poi con il mio amico Aldo, venne fuori che le vecchie StarLight utilizzavano grasso di vaselina per stagnare le filettature delle camere CCD, così decisi di tentare anche questo esperimento e… il tempo di equilibrio è salito a 6 ore. Nonostante il lento acclimatamento della camera fredda, l’aria in ingresso continua ad essere pregna di umidità con i risultati già visti.
Un giorno, parlando del problema con Frank, essendo lui un fisico, mi disse (forse scherzando) che quando la temperatura è bassa l’umidità in sospensione è inferiore. Ci ragionai un po’ su e decisi di fare un tentativo.
Conoscendo due geniali fanciulle, proprietarie della gelateria artigianale L’Apegaia qui a Torino, ci siamo lanciati in un esperimento assurdo: considerando che il gelateria per legge devono mantenere i prodotti a temperature molto inferiori allo zero e con un’umidità molto contenuta (per evitare l’attacco di microrganismi) abbiamo scelto di utilizzare un frigorifero ventilato a -15°C. Il piano era il seguente: togliere l’aria dalla camera fredda, buttare la stessa nel frigo e lasciarcela per 24 ore, con lo scopo di permettere al bucherellato contenitore di riempirsi di aria secca.
Il frigorifero ventilato infatti è dotato di una bocchetta di aspirazione che entra in funzione quando lo sportello è chiuso: quando lo si apre per prendere qualcosa, infatti, l’aria umida esterna entra nel vano, una volta chiuso la ventola aspira l’aria umida facendola passare in una serie di filtri che la disseccano. Armato di tutto il necessario, mi sono presentato il giorno prima del riposo settimanale e abbiamo dato il via al diabolico intento: il giorno seguente abbiamo, trepidanti, estratto la camera dal frigo.
Come da manuale, la camera si era riempita dell’aria del congelatore, ma da subito appariva pulita e priva di tracce di umidità: dopo pochi secondi l’umidità del locale si è condensata sulla superficie gelida della camera formando uno strato di ghiaccio.
Dopo averla scongelata e asciugata da questo strato di ghiaccio l’ho portata a casa lasciandola riposare in un luogo asciutto per un paio di giorni. Al termine di questo periodo ho collegato la sola alimentazione della cella di peltier attivandola: il sensore non si è più appannato!
Ora devo sistemare la ventola di dissipazione poi mi potrò dedicare ad una prova generale, incrociate tutte le dita!
Simone